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Voci da Naturandia - Itinerario n.3 |
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Subito dopo il ponte, si vede un canale in cemento armato, realizzato alcuni anni fa, costruito per convogliare le acque di scarico di alcune industrie al depuratore di Olgiate Olona o come scolmatore nei periodi di piena del fiume per proteggere la fabbrica che gli sorge attorno. Dopo anni ed anni di inattività, i sedimenti del fiume si sono accumulati creando grossi cumuli di ghiaie e sassi. A destra gli edifici di ampliamento della fabbrica costruiti nel corso degli anni, con grandi cedri dell'Himalaya che ombreggiano il parcheggio. Seguendo il canale vuoto ed i muri della fabbrica, voltiamo in via Lazzaretto, dove corrono i binari della Ferrovia Valmorea e un cartello che segna il confine tra Gorla Minore e Marnate. A sinistra è ben visibile il cancello del Bunker*. Per molti anni ho pensato si trattasse di un vecchio rifugio antiaereo, ma da poco ne ho scoperto l'origine. Il Capitano tedesco Voettler, per poter spedire a una ditta Svizzera l'amalgama da distillare (estratto dalle miniere aurifere di Macugnaga), pensò all'utilizzo della ferrovia Valmorea, trattandosi di via secondaria, percorsa da treni ad orari irregolari e quindi di difficile intercettazione per gli aerei che quotidianamente controllavano la zona (due "Spitfire" denominati dalla popolazione locale "Pippo"). La costruzione fu realizzata tra luglio e settembre del 1944 da un'unità paramilitare del genio militare tedesco specializzato in opere di difesa che si mise immediatamente all'opera, reclutando presso i Comuni di Olgiate e limitrofi "del personale abile da impiegarsi nei lavori". Ultimata a tempo di record la costruzione del Bunker, i tedeschi si trovarono di fronte al problema non calcolato della perdita di Macugnaga, avvenuta con la conquista da parte delle formazioni Partigiane di tutto il territorio Ossolano (la famosa Repubblica Partigiana dell'Ossola nata tra settembre/ottobre 1944). Questo imprevisto rese impossibile il recupero di questi fanghi auriferi poiché Macugnaga era sotto il controllo delle formazioni partigiane. I tedeschi dovettero attendere che la zona fosse nuovamente rioccupata dalle loro truppe. Il 10 ottobre 1944, con largo spiegamento di mezzi e di uomini, le truppe tedesche e fasciste rioccuparono il territorio, decretando anche la fine della Repubblica Partigiana dell'Ossola. Il Gen. Hans Leyers pensò immediatamente al recupero del fango aurifero di Macugnaga e recatosi personalmente sul posto ispezionò le miniere, con grande sorpresa trovò già pronti confezionati 85 fusti metallici, contenenti circa 25 Kg. cadauno di fango aurifero secco e semilavorato, per un totale di circa 2.120 Kg (da cui si potevano ottenere circa 250 Kg. di oro puro - un valore attuale di circa tremilionicinquecentomila Euro). Trovarono anche un altro fusto contenente due lingotti d'oro: uno del peso di Kg. 10,427 e un secondo del peso di Kg. 7,03. Quest'ultimo fu ritrovato sempre a Macugnaga, nella villa del dott. Livio Cerini Visconte di Castegnate (Castellanza) dov'era insediato un comando Partigiano. Inventariato il tutto, il 14 ottobre Leyers ordinò il sequestro di questi 85 fusti (più quello contenete i due lingotti d'oro) e che fossero trasportati presso il deposito centrale di Olgiate Olona (Bunker di Marnate). Mussolini, informato di questa operazione, intervenne con un ordine scritto indirizzato al Gen. Karl Wolff nel quale specificava che l'oro era di proprietà della Repubblica Sociale Italiana e che quindi doveva essere consegnato al Governo della stessa. Con questo Mussolini ottenne il blocco dell'operazione e il recupero del materiale (attualmente la lettera originale è depositata a Roma presso l'Archivio Centrale dello Stato, carteggio segreto R.S.I. fascicolo 459, busta 45 Segreteria Particolare del Duce. Grafico completo della struttura del Bunker – N.1Fortino per la difesa dell'impianto A destra si trova il Casello di Prospiano dell'ex Ferrovia Valmorea, ora sede dell'Associazione Genitori "La Casa di Alice" (dai soci chiamata affettuosamente "la casetta"). Alle spalle della stazione la bella palazzina costruita dai proprietari della fabbrica di via Isonzo per ospitare gli uffici, la mensa ed il dopolavoro e che divenne sede del Comando e presidio tedesco nel periodo appena narrato. La chiesa, dedicata ai santi Rocco e Sebastiano, fu costruita fra la fine del Seicento e l'inizio del Settecento a ricordo dei morti per la peste del 1630. Nel pavimento della chiesa viene indicata la data del 1707. Purtroppo l'umidità ne sta distruggendo gli affreschi originali. Quello absidale rappresenta la Vergine fra San Sebastiano ( a destra) e San Rocco che sovrastano le anime del Purgatorio. E' grazie alla dedizione di alcuni volontari (tra cui Alberto Vanetti e
suo padre) che questa chiesetta mantiene il suo aspetto pulito. Giungiamo sul ponte di via per Marnate e, traversando la strada, ci portiamo nella sottostante ex-stazione di Marnate della ferrovia Valmorea. L'albero sullo sfondo a sinistra è l'unico ontano che cresce nel territorio di Marnate ed è momentaneamente ridotto, causa "rapata a zero" ad un miserevole tronco. Da questa data e fino al 1733 risulta ancora intestato ad Antonio Cuttica, con il corredo di 222 pert. di prati. Nel 1797 la famiglia Isimbardi subentra ai Cuttica e nel 1811 viene collaudata la ricostruzione della distrutta chiusa. Nel 1837 gli Isimbardi escono dal catasto e nel 1842 risulta Mulino Comm. Tommaso Robaglia, funzionante in rod. 4 e corredato da prati di pertiche 52,13. Da qui partiva un sentierino che si inoltrava nel boschetto di robinie ed arrivava fino al centro di multiraccolta, in prossimità della sopraelevata autostrada dei Laghi. Il ritorno avveniva seguendo l'argine del fiume fino al mulino. Il Comune di Marnate ha recentemente curato la sistemazione di quest'area che dovrebbe diventare un piccolo parco in riva al fiume. Attraversando con cautela la strada, vale la pena fermarsi sul ponte guardando a nord.
Ad est si scorgono le prime case di Marnate affacciate sulla Valle che si apre a nord davanti ai nostri occhi, verdeggiante di alberi, arbusti, erbe, fiori; ricca di suoni e cinguettii; muta nei camini vuoti delle alte ciminiere che resistono agli attacchi del tempo, testimoni di un glorioso passato di lavoro. Guardando la vegetazione degli argini dobbiamo fare una brutta considerazione. Qui, come altrove, la mano dell'uomo interviene con l'ossessivo desiderio di abbellire a modo suo: piantare essenze che nulla hanno a che vedere con la vegetazione tipica e capitozzare i giovani salici bianchi, nati per stare in riva al fiume o in zone umide, riducendoli a miserabili stecchi. Sulla sponda destra la bruttissima costruzione di una cabina che dimostra quanto poco attento sappia essere l'uomo al colpo d'occhio sul paesaggio. In caso di esondazione del fiume i vasti prati a sinistra e destra fungono da vasche di laminazione naturali, con la gioia di germani ed altri animali acquatici. a cura di Giuliana Amicucci Dal Piaz
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