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Voci da Naturandia - Itinerario n.5 |
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In questo spazio aperto sono ben visibili le rotaie della ferrovia Valmorea, il treno che collegava un tempo Castellanza a Mendrisio. A testimoniare l’esistenza di una forte umidità del terreno, alcuni esemplari di giganteschi pioppi neri (cap. 16/17.35). Là vicino, un magnifico gruppo di altissimi olmi a guardia del canale vuoto e del sedime ferroviario. E, anche qui, è stata piantumata la photinia, un’altra candidata all’invadenza, ma ultima moda in fatto di siepi. Sul pendio verso Prospiano-Gorla Minore, vegetano farnie, robinie, sambuchi, fusaggine o berretta del prete ed altri piccoli arbusti. Nel sottobosco crescono pervinche ed anemoni bianchi, con qualche sporadica felce (cap. 12.5.6). Alcuni anni fa un’altra piccolissima farnia stava crescendo, ma è stata strappata come una comune “erbaccia”. Il settecentesco edificio con annesso Parco, attuale sede del Palazzo Comunale di Gorla Minore, si trova nel cuore dell’abitato e trae il nome dalla nota Famiglia Durini, i cui discendenti ebbero una forte rilevanza storica dal 1700 alla prima metà del 1900. Nel 1572 “causa aperta tra le famiglie Terzaghi che tra loro rivendicano taluni diritti irrigui su un prato detto Rotondo” o “la vasta prateria della Braserica” – toponimo che significa “bassa riva Luigi Carnelli – Il fiume Olona, le acque, la storia, i mulini”. Sul bordo del canale asciutto, ma con grandi tracce di umidità, vive ormai l’unico giovanissimo ontano nero sopravvissuto ai ripetuti tagli della vegetazione. Sulla sponda opposta del canale (costruito in “quadrelli”) crescono parecchi arbusti di nocciolo, sambuco, fusaggine o berretta del prete e piante di acero campestre. In prossimità della Stazione della ferrovia Valmorea, c’è un’area di sosta che si anima particolarmente in occasione delle manifestazioni “Girinvalle” (organizzata dai Comuni e dalle Pro-loco dei comuni del Parco Medio Olona), la terza domenica di Giugno e quella “Fischiava il treno “Ul trenen daa Vall d’Uȏna”, la seconda domenica di Ottobre. In queste occasioni si è potuto più volte provare anche l’emozione di viaggiare sui binari con la Draisina (un veicolo ottocentesco, simile a una bicicletta, con quattro ruote, a pedali, munita di freni, e spinta da uno o due persone, seduti sul sellino come nelle attuali biciclette. Con il termine di draisina si definisce anche il mezzo ferroviario di servizio con almeno quattro ruote e con il sistema di propulsione a pedali o meccanico). Manifestazioni che esistono grazie all’appassionato spirito di alcune persone, tenaci e perseveranti malgrado le avversità. In origine l’oratorio di San Maurizio era la cappella nella residenza dei Terzaghi (già proprietari del Mulino in Valle), una dimora fortificata, indicata col nome di castello da molti documenti notarili dei secoli XVI e XVII. La costruzione della cappella risale a poco dopo l’anno Mille e alcuni affreschi databili tra il XIII e il XIV secolo sono affiorati nel corso di restauri interni. Per volere di Giovanni Andrea Terzaghi, nel 1599, l’oratorio da lui stesso riedificato, fu ceduto alla Congregazione degli Oblati, con l’obbligo di farvi risiedere un confratello per la celebrazione quotidiana di una messa. Fu nuovamente ampliato e restaurato alla fine del ‘600, con l’aggiunta del campanile in cotto, a cuspide. Nel 1810, dopo l’occupazione francese, fu confiscato con tutte le altre proprietà della Congregazione e fu riaperto nel 1811. Un secolo dopo venne costruito il cosiddetto quadrilatero, ossia il corpo centrale dell’attuale edificio, con cortile interno circondato da un portico con sessanta colonne di granito. Dal 1774 al 1786 il numero dei convittori, tra interni ed esterni, triplica. Tra le materie, la lingua latina, servendosi anche del dialetto. L’antica dimora è completamente incorporata alle nuove strutture che si estendono verso la piazza, ma la confisca del 1810 sopra citata annulla secoli di lavoro. Il rettore Gianbattista Sioli e il vicerettore Giorgio Rotondi riscattano, con grandi sacrifici, l’intero “stabilimento”, compresa la chiesa di San Maurizio. “Nel 1816 il vicerettore Rotondi ottiene dal governo austriaco la nomina a rettore, paga i debiti ed acquista una parte dei terreni confiscati. Nel 1818 viene chiuso al pubblico l’oratorio di San Maurizio e il Collegio cede al comune di Gorla Minore la striscia di terra sulla quale sorgerà la rampa di accesso alla stazione ferroviaria. Il 24 luglio 1838 il Collegio viene riconosciuto “stabilimento pubblico”, sotto la tutela dell’imperial regio governo. Dal 1848 al 1853 il Collegio fu retto dai padri Somaschi e il suo prestigio diminuì notevolmente, tanto che i convittori scesero a 80. Ma con il ritorno degli Oblati si rese addirittura necessaria l’apertura di nuove aule in altri edifici della piazza. Nel 1880 fu eretta una cappella interna e dieci anni dopo la costruzione del liceo”. Da questo piazzale, seguendo la via Durini, si giunge all’ingresso del parco di Villa Durini, che merita una breve visita, ricco com’è di alberi secolari: magnolie, cedro del Libano, faggi, ecc. la cui bellezza è offuscata dall’albero principe del parco: un cedro dell’Himalaya “patriarca”, con un gigantesco tronco e un’immensa chioma, con rami poderosi che si protendono da anni ed anni a cercare luce e sole. (Se non fosse possibile tornare in valle direttamente dal parco, consiglio di fare a ritroso il percorso fino a San Maurizio e la scaletta appena salita). Per proseguire girare a sinistra dopo la stazione e portarsi verso il ponte. Una vecchia costruzione sulla destra è ciò che resta delle antiche costruzioni attorno ai Mulini Terzaghi-Raimondi. Segnalato nel 1613, restò per due secoli di proprietà dei Terzaghi di Gorla Maggiore. Nel 1819, a causa di danni subiti, la chiusa viene rifatta e nel 1822 la proprietà viene acquisita dai fratelli Ponti, che ne chiedono la trasformazione in opificio di filatura: il Cotonificio Ponti Andrea e fratelli. I Ponti, “abili pionieri con una visione illuministica”, iniziarono l’avventura di una grande industria dell’alta Italia che dette prestigio per almeno un secolo alla nostra nazione: esperti di nazioni estere chiedevano di visitarne lo stabilimento, modello di modernità e capacità produttive. Questi abili imprenditori, già in situazione finanziaria più che brillante, dovettero il dilatarsi del loro impero a un avvenimento particolare. In contatto con fornitori americani di cotone greggio, un impiegato doveva prenotare 10 navi (allora barconi) di prodotto grezzo, ma sbadatamente scrisse la cifra di 100: un errore che cambiò il destino di questi imprenditori. L’ordine fu subito eseguito e la merce giunse a destinazione, mentre in America scoppiava la rivoluzione e bloccava ogni altra spedizione. I Ponti si ritrovarono così ad avere, soli in Europa, una grande disponibilità di materia prima ed un aumentato potere economico. Furono loro a costruire il canale Furter, il ramo artificiale in sponda destra d’Olona, per migliorare la capacità idraulica dello stabilimento. Modelli di capacità industriali, furono precursori di attività sociali (Società di Mutuo Soccorso). Nel 1899 introdussero l’elettricità. Dopo varie fusioni, le crisi del dopoguerra e le gravi alluvioni del 1951 apporteranno gravissimi danni. Con una delle ultime piene del fiume, chiude definitivamente i battenti. (Luigi Carnelli – Il fiume Olona, le acque, la storia, i mulini) Fermarsi brevemente sul ponte per ammirare le acque calme del fiume verso nord che cadono nel salto sotto il ponte (spesso con molta schiuma) e quelle verso sud che, grazie a una leggera pendenza, formano una leggera corrente. Sulla sponda che stiamo percorrendo, molti giovani salici tentano da qualche anno di diventare grandi (uno era diventato un bellissimo giovane salice), ma vengono regolarmente tenuti a bada capitozzandoli man mano che crescono. Quando si imparerà che sono alberi nati per crescere e vegetare a stretto contatto con l’acqua? Sul profilo del pianalto orientale spiccano il campanile della chiesetta di San Maurizio e la sagoma del Collegio Gonzaga. Ma stia attento l’Olona, se ci prova gli mettono la camicia di forza: un bell’argine di grossi massi che ne imprigionerebbe i bellicosi intenti! Sulla destra, un piccolo masso di conglomerato staccatosi dal versante vallivo ci ricorda la storia geologica della Valle Olona. Qui osservo da tempo una depressione del terreno che è andata via via aumentando fino a formare una piccola conca, con tanto muschio ed erba sempre verde. E’ il comportamento solito (agli occhi di un’appassionata osservatrice) del terreno che si candida a zona umida. Ma sul pianalto, a differenza di altre zone, non ci sono risorgive. Dunque? Presenza di acqua nel sottosuolo? Ho avuto la mia risposta sporgendomi dal parapetto: la parte bassa dell’argine trasuda infatti acqua. Proprio qui c’è il pozzo di ispezione della falda freatica. La formazione della falda freatica è dovuta all'acqua dei fiumi o della pioggia lentamente trasportata in profondità dalla forza di gravità finché non giunge ad uno strato argilloso impermeabile dove si ferma. Dopo l'arresto forzato, si forma un accumulo di acqua. Tale formazione è alimentata tramite il fenomeno della capillarità superficiale che mantiene il livello costante. La forma di solito non è regolare ed è dettata dal limite inferiore, cioè il limite della camera impermeabile, e dal limite superiore, ossia dalla superficie del terreno che la sovrasta. Essa svolge un ruolo fondamentale nell'agricoltura o per il rifornimento d'acqua tramite l'utilizzo dei pozzi. La quantità d'acqua ovviamente può variare con il cambio delle stagioni (in inverno il livello è maggiore dato che il bisogno di acqua in genere è minore) o con l'aumento o la diminuzione delle intensità della pioggia. Anche l'intensità della vegetazione superficiale è causa di variazione del livello dell'acqua, così come l'utilizzo della stessa da parte di una comunità di esseri umani che possono estrarre l'acqua per un utilizzo civile o industriale oltre che per irrigare i campi.” La vegetazione spontanea, lungo la ciclabile, viene rigorosamente tenuta sotto controllo: sfalci regolari (e costosi), perché il “pavimento deve essere tirato a cera” e sgombro da erbacce. Pensate che, quando la pista fu terminata, sui cigli seminarono l’erbetta dei giardini! La vegetazione sulla destra è formata perlopiù da robinie, acero, noccioli, fusaggine o berretta del prete, rovo, pado e ciliegio tardivo. Nel sottobosco alcune fronde di felci maschio e femmina e, all’inizio della primavera, piccoli tappeti fioriti di anemone bianco, una pianta erbacea di piccole dimensioni (raggiunge massimo i 30 cm di altezza). Sul fusto eretto la lamina fogliare è divisa in tre lobi lanceolati, con profondi segmenti ed un solo fiore di colore bianco con 6 petali. Proseguendo, sulla sinistra c’è un ponte (non sempre percorribile, ma dal quale si gode una piacevole vista sul fiume), che porta sull’ampio terreno in parte boscato della sponda opposta. Dal punto di vista naturalistico, questa è una zona molto interessante. La vegetazione è caratterizzata dalla presenza di piante igrofile: pioppo nero, ontano nero, olmo campestre, ecc. che documentano la memoria del territorio. Un tempo qui c’era sicuramente molta acqua: il corso naturale del fiume poi deviato per meglio servire mulini e fabbriche? Il sistema irriguo che forniva acqua ai campi coltivati? Il canale o roggia (ora asciutta) sotto la costa di Gorla Minore? Una risorgiva ora scomparsa? Un fatto è certo: se queste piante riescono a sopravvivere e vegetare, di acqua nel sottosuolo riescono a scovarne ancora. Mentre la piantagione di pino strobo, originariamente installata forse a scopi ornamentali, è proprio sofferente. Tornare sulla ciclabile e girare a sinistra, sostando brevemente lungo il muretto che fa da argine al fiume Olona. Questo (prima Cotonificio S. Antonio, in seguito Candiani e poi filiale del Cotonificio Carlo (“Ul Carlotu”) Ottolini, ora sede del Museo del Tessile di Busto Arsizio), sorge su quello che fu originariamente uno dei mulini di Olgiate: il Mulino Raimondi (già di C. Genesio Custodi, n. 56 mappa raggi). Il salto d’acqua ne è la memoria storica. Notare come alcune piante di fico e altri arbusti riescono a crescere tra le fessure dei muri sottostanti. Dopo la sbarra, se si desidera visitare la Chiesa di Sant’Antonio (non sempre aperta), imboccare il Costaiolo di Sant’Antonio che, dopo una salita, porta al piazzale della chiesetta. La Chiesa Sant’Antonio abate a Moncucco di Olgiate Olona fu edificata nella seconda metà del Cinquecento dai frati Carmelitani con un piccolo monastero attiguo e dipendente da Milano; accanto, esisteva un cimitero circondato da muro e visibile ancora nel 1689 (“Moncucco” richiama non un monte, ma un cocuzzolo: chiesa e monastero sovrastano la valle dell’Olona). Tornare sulla via Isonzo e, piegando a sinistra, riportarsi sull’area di sosta del fondovalle di Prospiano.
a cura di Giuliana Amicucci Dal Piaz foto di Marino BIanchi
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